Un tempo, senza la connessione e la possibilità di giocare in team ed in competitivo ci si approcciava ai giochi per puro spirito di divertimento ed avventura.
Si iniziava, si sbagliava, si perdeva e si iniziava nuovamente.
Non c’era tempistica, non c’era minimo standard i tuoi progressi erano tuoi soltanto così come gli step che ti portavano dalla base alla vetta.
Poi è arrivato internet e sono arrivati i giochi in cooperativa e si è aperto tutto un mondo di competizione e riconoscimento.
Un universo meraviglioso e pieno di soddisfazione che però non trova spazio per tutti.
Si, perché per entrare nell’Esport serve bravura, tecnica ed esperienza.
Si entra tramite provino e se non sei ritenuto abbastanza bravo spesso vieni scartato, anche se potresti avere delle potenzialità.
Ma i campionati non aspettano la crescita personale, non creano spazio per il diritto alla niubbaggine.
Si perché tutti abbiamo iniziato da zero e le associazioni sportive dovrebbero adottare di più la politica dell’investire sulle potenzialità, sul lasciare spazio alla crescita.
Il talento non si può insegnare, è un qualcosa di trascendentale che o si possiede oppure no ma la bravura e la tecnica vanno scoperte, coltivate e nutrite.
Nessuno diventa campione dall’oggi al domani, serve disciplina allenamento e concentrazione.
Serve il ruolo adatto, i compagni giusti e l’allenatore appropriato ma soprattutto… serve qualcuno che dia l’occasione di dimostrare che niubbi si nasce ma campioni si diventa.